FILIPPO CIANFANELLI, ODE ALLA VITA

Intelligente e sensibile, tranquillo e pacato, attento e diligente, fin da piccolo Filippo ha dimostrato di possedere doti non co- muni di maturità e consapevolezza. L’invidiabile facilità nel tratto è una qualità naturale ereditata dal padre, che lo ha avvi- ato e sostenuto nell’esercizio del disegno con la penna a feltro, tecnica che consente effetti pittorici di grande suggestione. Tali opere, in passato riservate solo ai frequentatori del suo studio, vengono presentate per la prima volta ad un pubblico più vasto proprio in questa esposizione. La nobile tradizione toscana della veduta e del paesaggio trova in Filippo Cianfanelli un degno e moderno continuatore che attraverso una cifra espres- siva sobria e sicura, sa scendere nella spiritualità della natura e delle cose, con delicatezza spontanea e al tempo stesso con precisione analitica. Interpretazioni dal vero e di memoria, di sentimenti e di atmosfere che sanno farci emozionare e riflette- re. Un’ode alla vita, ai suoi valori più alti, intonata con versi eleganti, colmi di serena sincerità. Dobbiamo essere grati a quei maestri, purtroppo sempre più rari, che come Filippo Cian- fanelli non si lasciano sedurre da facili approdi e lavorano con fervida dedizione, credendo fermamente nell’Arte come eredità viva da rispettare e da tramandare.

 

Gabriella Gentilini 

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MEMORIE DAL DILUVIO

Con questa nuova cartella di disegni, l’artista assume per soggetto lo spazio, o meglio gli spazi della sua città osservando chiassi, vicoli, piazze e l’Arno, più con l’anima che con l’occhio, quando Firenze visse una delle più gravi sciagure dei suoi duemila anni di storia. Spaccati di scorci ora abbacinati dal sole, ora accarezzati dall’evanescente penombra lunare. Scorci di libertà che raccolgono il frutto dell’ispirazione, sfogati con tratti decisi grazie al sapiente uso della sua antica penna a feltro, ottenendo effetti anche superiori agli intensi cromatismi della tavolozza della sua pittura ad olio. Luminosità perfino nei segni drammaticamente lasciati dall’alluvione del 1966, che Filippo Cianfanelli, allora bambino, ricorda in questa sua raccolta con bozzetti precisi, con immagini che per la loro natura dovrebbero essere tristi ma non lo sono. Memorie dei giorni immediatamente successivi a quel drammatico venerdì 4 Novembre che l’artista ricostruisce grazie all’archivio del padre Folco che nei giorni successivi al disastro percorse la sua città, armato della stessa penna, alla ricerca di emozioni da riportare sulla carta. Oggi, dopo 50 anni, Filippo, con scrupolo, reinterpreta quelle sinistre immagini della desolazione con garbo, quasi con reverenziale ossequio alla realtà, senza degradare ulteriormente la città così oltraggiata dalla rovinosa piena del fiume. Il suo occhio attento non è mai disgiunto dall’armonia dell’animo: le rappresentazioni grafiche sbocciano così vibranti e non si perdono nell’astratto, ma si alimentano del gioire della vita che Filippo è certo ritornerà a sbocciare nella sua città così duramente provata. Espressioni profonde di pensiero e lavoro. Un tipo piacevolissimo di raffigurazioni, esternate nella direzione poetica, con l’aver saputo scrutare i silenzi della sinistra desolazione presentandoli in un’atmosfera di resurrezione con un personalissimo stile che dà gioia!

Luciano Artusi

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FILIPPO CIANFANELLI FRA ESATTEZZA E POESIA

Ci sono artisti schiavi di una tradizione, altri che la ravvivano, le danno abbrivio.
Cianfanelli, cinquantenne, fiorentino, medico e pittore, sta su questo crinale: fedelissimo alla memoria artistica del padre Folco, esimio pittore e incisore, ne trae una eredità, come calore di fiamma lontana, di succhi più decisivi: la toscanità perentoria ma serena e mai stantia; la dura e lunga esperienza della grafica incisoria; il gusto non immanente della scena come spazio aperto e delle cose che vi campeggiano; il paesaggio infine, come ritratto dell’anima.
Di suo, Filippo vi aggiunge una strabiliante capacità disegnativa (fra esattezza e sinuosità) che lo accompagna fin dall’infanzia. Una elegante maestria compositiva per cui ogni quadro è una sottintesa scacchiera in cui tutto armonicamente si accampa, in una distribuzione equilibrata e perfetta. Il cromatismo ora disteso e nebbioso come nube di colore (le sue corone di foglie di alberi), ora elaborato sapientemente su un suo eterno sfondo magenta che, secondo le occasioni, trasale e tramuta in rari bagliori o in insistite e morbide velature. A chi osserva questa pittura subito s’impone quell’ “ inderogabile senso dei rapporti ” che Emilio Cecchi ritrovava in ogni manufatto fiorentino, soprattutto d’arte.
Ne scaturisce, da tanto insieme, una pittura calma e distesa, esatta e mai autoreferenziale, felice nel rappresentare il “ suo” creato che non si aggrappa mai a emergenze o casi narrativi, ma semplicemente rappresenta il mondo, familiare e senza escogitazione, lirico e preciso, colto nelle ore atmosferiche meno esibite: qual è, insomma, com’è appunto nell’arte che crede alla forza intima della poesia..
Cianfanelli è primieramente pittore di paesaggio. Nella cui dimensione il prossimo (precisi e nudi muri a secco) e il lontano (il lontanare di acque e orizzonti) si fondono in un perfetto equilibrio. Anche nelle belle nature morte quest’artista esprime suggestive nettezze quasi nordiche, ma come ammorbidite di luce mediterranea. Nel  figurare infine animali, specie i cavalli, la magia del disegno eccelle.
Pittore vero, Filippo Cianfanelli, possiede e regala oltre a tutto il resto, una grazia calma, una tranquilla allegria nell’esistere che è raro trovare  nell’affollato bric a brac della pittura odierna. 

Pierfrancesco Listri 

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IMMAGINI E RICORDI - PARADISO
NELLA PITTURA DI CIANFANELLI

È una pittura che gli appartiene. E Filippo Cianfanelli lo sa che è legittimamente sua perchè ne ha ereditato l'espressione dal padre Folco. Il quale era "artista sereno, capace di cogliere - aveva scritto di lui Armando Nocentini tanti anni fa - gli aspetti piú belli della vita e del creato"; e di dire al suo pubblico "con un discorso piano ma suggestivo l'emozione che egli prova, stupefatto, di fronte al miracolo della natura...". Ne colsi l'immagine velcemente caricaturale una sera in cui, alcuni amici ed io, avevamo invaso il suo studio: lo ricordo chiaramente, baffi e barbetta, stempiato, in piedi davanti al cavalletto a dipingere il suo universo. E lo rivedo oggi, a distanza di circa un quarto di secolo, nel figlio pittore e medico; anche lui a ritrarre la campagna toscana; credo, gli stessi luoghi nei quali seguiva attentamente il padre armato di tavolozza e di pennelli, a bearsi delle riproposte impostate sulla tela dove Folco rifletteva il vero: quel vero tutto toscano che è fra i piú capaci di far vibrare la poesia ed esaltare l'immaginario. O di fronte a una Firenze che esce dal dettaglio per aprirsi in una visione ampia ma raccolta nella sua essenza sotto e attorno alla cupola del Brunelleschi. O lungo i torrenti che riflettono gli olmi affacciati sugli argini a seguirne il corso; e ancora, fra il piano e le colline e fra colori e colori, a vagare lontano con i propri pensieri oltre i profili azzurrini dei monti: in atmosfere che aiutano a richiamare dal passato i ricordi, a testimoniare che sono loro - come aveva scritto Jean Paul - l'unico-paradiso dal quale non potremmo mai essere cacciati. Nei dipinti di Filippo Cianfanelli si adagiano questi pensieri in sintonia straordinaria con le immagini che essi si portano dietro e, lievi, le dopositano dai cieli limpidi sui dossi che giocano a rincorrersi in prospettive di grande suggestione. E poco importa se i temi (ma non sono poi soltanto pretesti per fare pittura?) si rifanno puntualmente a quelli tramandati dal saggio Folco; e che l'occhio di lui, Filippo, leggevano fino nel profondo per suggervi il sapore e l'anima e farli suoi onde ricavarne insegnamenti da tesaurizzare. Da non disperdere nel tempo: sin da ragazzo quando, in un'uscita prematura dalla Toscana a disputarsi un premio nazionale di pittura, vinse a Castrocaro Terme dove e come aveva fatto una cantante che, come lui, non aveva l'età. La mostra di oggi è colma di rimandi ad eventi che nella vita di Cianfanelli sono fatti storici, pietre miliari lungo un itinerario non facile, soprattutto affollato di sfide alle consuetudini antiche e nuove che l'arte pone davanti ai suoi cultori da sempre: per innamorarli del passato o per invaghirli del nuovo che è appena e vagamente intuibile attraverso il velo fitto che ci separa dal futuro. O piú semplicemente per indurli a recitare una vecchia storia fuori del tempo che vuole l'arte inconciliabile con l'esercizio delle professioni. Ed è una storia che Cianfanelli ha pienamente vissuto. Questa mostra (che è un vero debutto) malgrado tante premesse è simpaticamente leggibile nella sua semplicità e i problemi, che pure esistono, furtivamente si dileguano dietro le visioni che ci sono familiari e che incantano per via di quei cari ricordi-paradiso sempre in agguato. Pronti a colpire la nostra fantasia e, insieme, le nostre coscienze.

Tommaso Paloscia